IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile promossa
 dall'I.N.A.I.L., avv. Palmas, contro Lerond Osvaldo, avv. Caveri,  in
 punto appello sentenza pretore Aosta;
    Sulle conclusioni delle parti;
                             O S S E R V A
    Questo  giudicante  deve  decidere  sulla  causa promossa in primo
 grado davanti al pretore di Aosta, avente per oggetto la richiesta di
 corresponsione di rivalutazione monetaria ed  interessi  sulle  somme
 dovute  dall'Inail  a  parte  ricorrente  in primo grado a seguito di
 riconoscimento di tecnopatia e conseguente corresponsione di rendita.
 Il giudice di primo grado, accogliendo la domanda, aveva  fondato  la
 propria  decisione  sul  contenuto  della  sentenza n. 156/1991 della
 Corte costituzionale, che ha dichiarato costituzionalmenteillegittimo
 l'art. 442 del c.p.c. nella parte in cui non prevede  che  quando  il
 giudice pronunci sentenza di condanna al pagamento di somme di danaro
 relative  a crediti previdenziali e assistenziali, debba determinare,
 oltre agli interessi legali, anche il danno eventualmente subito  dal
 titolare  per  la  diminuzione  di  valore  del  suo  credito,  cosi'
 estendendo  anche  ai  crediti  previdenziali  ed  assistenziali   la
 disciplina di cui all'art. 429 del c.p.c.
    Il  pretore  ha  escluso di poter applicare l'art. 16, sesto comma
 della legge n. 412/1991 ed oggi la causa pende in  grado  di  appello
 proprio  perche' l'I.N.A.I.L. ha ritenuto che, anche se si intendesse
 sostenere che e' sorto un diritto dell'"assistito" alla rivalutazione
 automatica  del  proprio  credito  previdenziale   o   assistenziale,
 indipendentemente  dalla  prova  del  danno da svalutazione (cio' che
 l'istituto, peraltro, nega);  andrebbe  in  ogni  caso  applicata,  a
 decorrere  dalla  sua  entrata  in  vigore,  la  suddetta  normativa,
 ingiustamente ignorata dal pretore  in  quanto  ritenuta  applicabile
 soltanto ai crediti sorti dopo il 1› gennaio 1992.
    Per l'ipotesi in cui il tribunale ritenesse in effetti applicabile
 la  legge  n.  412/1991  al rapporto de quo, parte appellata eccepiva
 l'incostituzionalita' della norma invocata dall'appellante.
    Ritiene il tribunale che, in effetti, la questione  sollevata  sia
 rilevante al fine di decidere e non manifestamente infondata.
    Intanto  ritiene  questo  collegio  che,  come  da  giurisprudenza
 costante formatasi sull'art. 429 del c.p.c., la cui applicabilita'  -
 si  e'  visto  -  era  stata  sostanzialmente estesa ai crediti quali
 quello per cui si discute, la rivalutazione  monetaria  (non  a  caso
 prevista  in  base  agli indici Istat, e non in relazione al danno da
 svalutazione   che   ognuno   provi   di    aver    subito)    spetta
 indipendentemente  dalla concreta prova del danno subito, presunto ex
 lege (e dalla giurisprudenza per i crediti quanto ai quali  si  suole
 richiamare l'art. 1224 del c.p.v. del c.c., ritenendo "fatto notorio"
 il fenomeno inflattivo).
    Questo  tribunale ritiene, dunque, di non poter decidere l'appello
 rigettando tout court la domanda di parte ricorrente in quanto non e'
 stata fornita la prova del danno.
    Ne' questo collegio ritiene di poter accedere  all'interpretazione
 del  pretore,  che ha senz'altro escluso l'applicabilita' della norma
 della cui costituzionalita' si dubita, affermando che la  stessa  non
 puo'  che  avere efficacia quanto ai crediti sorti dopo il 1› gennaio
 1992.
    Nel caso di specie, infatti, il rapporto non e' esaurito, non solo
 perche' vi e' un giudizio in  corso,  ma  anche  perche'  gli  stessi
 interessi  e  rivalutazione continuano a decorrere, fino al saldo dei
 medesimi. Pare dunque senz'altro applicabile l'art. 16, sesto  comma,
 della legge n. 412/1991.
    Tale  norma  prevede che l'importo degli interessi spettanti per i
 crediti  de  quibus  e'   "portato   in   detrazione"   dalle   somme
 eventualmente  spettanti  a  ristoro  del  maggior  danno  subito dal
 titolare della prestazione previdenziale/assistenziale  a  causa  del
 fenomeno inflattivo.
    In  altre  parole,  il  creditore  non  puo'  cumulare interessi e
 rivalutazione: gli spettera' soltanto  l'interesse  legale  se,  come
 attualmente,  l'inflazione e' inferiore al 10% annuo, mentre, in caso
 contrario, gli interessi verranno assorbiti nella rivalutazione.
    Cio' appare in contrasto con gli artt. 3 e 38 della  Costituzione,
 e pare reintrodurre nei medesimi termini la normativa gia' dichiarata
 incostituzionale dalla sentenza n. 156/1991.
    La  Corte  costituzionale,  infatti,  aveva motivato la richiamata
 sentenza proprio con riferimento alla disparita' di  trattamento  che
 veniva  in  essere, a tutto danno dell'assistito, certamente "modesto
 consumatore",  che  -  non  potendo  fruire   del   piu'   favorevole
 trattamento  previsto  dall'art. 429 del c.p.c. per i soli crediti di
 lavoro - avrebbe  soltanto  potuto  avvalersi  del  disposto  di  cui
 all'art.  1224 c. 2› c.c., che peraltro non consente la cumulabilita'
 di rivalutazione ed interessi.
    Il  legislatore,   dunque,   pare   aver   riprodotto,   in   modo
 sostanzialmente  del tutto identico, la previgente normativa, e cosi'
 la irrazionale disparita' di trattamento  tra  crediti  di  lavoro  e
 crediti  previdenziali e assistenziali, la cui natura e' identica, in
 violazione  non  solo  dell'art.  3  della  Costituzione,  ma   anche
 dell'art.  38,  comma  secondo,  il  cui contenuto viene limitato dal
 mancato riconoscimento di adeguate  forme  di  protezione  contro  il
 ritardato pagamento ed i fenomeni di svalutazione monetaria.
    Gli  atti  vanno  dunque  rimessi  alla  Corte costituzionale, con
 conseguente  sospensione  del  presente   giudizio,   non   apparendo
 manifestamente  infondata la questione di costituzionalita' sollevata
 sull'art. 16, sesto comma, della  legge  n.  412/1991  rispetto  agli
 artt. 3 e 38 della Costituzione.